Posta alle falde orientali del bosco del Cansiglio, al confine con la provincia di Pordenone lungo il corso del fiume Meschio.
Cordignano vanta origini antiche risalenti alla civiltà paleoveneta, la chiesa arcipretale, dedicata a Santa Maria Assunta e San Cassiano custodisce pregevoli opere d’arte di Palma il Giovane, Tintoretto, Marco Vecellio, Angelo Lion e del De Min. Altri edifici d’interesse storico-artistico sono i ruderi del “Castelat” dimora dei Da Camino dal 1139 al 1388, la chiesa di S. Stefano a Pinidello con bella pala d’altare di Francesco da Milano, Villa Rota Brandolini ora Pavan, Palazzo Belvedere a Villa di Villa, Palazzo Pinidello a Pinidello, del Dazio a Ponte della Muda e Peruch di Silvella. Un tempo zona d’origine di carbonai, boscaioli e segantini, con la costruzione in epoca medioevale della Strada del Patriarca, il comune di Cordignano assunse importanza militare e commerciale. Paese natale di illustri personaggi: Francescani Ermenegildo, Da Camino Francesco Saverio, Fracesconi Daniele.
Cordignano is located at the Eastern foot of the Cansiglio forest, bordering on the province of Pordenone, along the river Meschio. Its ancient origins date back to Paleoveneto civilization. In the main church, dedicated to St. Maria Assunta and Cassiano, valuable works by Palma il Giovane, Tintoretto, Marco Vecellio, Angelo Lion and De Min can be admired. The “Castelat” ruins, residence of the Da Camino Family from 1139 to 1388, St. Stefano Church in Pinidello with its beautiful altar-piece by Francesco Da Milano, the Rota-Brandolini residence, now called Pavan, Belvedere Palace in Villa di Villa, Pinidello Palace in Pinidello, Dazio Palace and Peruch Palace in Silvella are also interesting historical and artistic buildings. In the past, mainly coalmen, woodcutters and sawyers came from Cordignano, but after the “Patriarca Road” was built in the Middle Ages, it gained military and commercial power. Several famous figures, like Francescani Ermenegildo, Da Camino Francesco Saverio and Francesconi Daniele were born here.
Cordignano liegt am östlichen Fuße des Cansigliowaldes, an der Grenze zur Provinz Pordenone und am Fluß Meschio. Die Ortschaft hat einen alten Ursprung und stammt aus der paläovenezianischen Kultur. Die Kirche der Hl. Maria Assunta und des Hl. Cassiano enthält wertvolle Kunstwerke von Palma il Giovane, Tintoretto, Marco Vecellio, Angelo Lion und De Min. Andere historische Gebäude sind die Reste der “Castelat”, die Residenz der Familie Da Camino von 1139 bis 1388; die Kirche S. Stefano in Pinidello, die das Altarbild von Francesco Da Milano beherbergt; die Villa Rota-Brandolini heute Pavan; der Belvederepalast in Villa di Villa; der Pinidellopalast in Pinidello; Dazio in Ponte della Muda und Peruch von Silvella. Cordignano war in der Vergangenheit das Ursprungsgebiet der Karbonaren und der Holzfäller, aber mit dem Bau der Patriarchstraße, im Mittelalter, begann es eine militärische Rolle zu spielen und wurde bald zu einer wichtigen Handelsmacht. Die Ortschaft ist der Geburtsort von bekannten Persönlichkeite: Franciscani Ermenegildo, Da Camino Francesco Saverio und Fracesconi Daniele.
Luoghi d’interesse:
Colle Castelir
Periodo:
incerte
Descrizione:
Il colle presenta una cima tronca formante una spianata concava, rettangolare, con orientamento est-ovest, larga 14 metri e lunga 28 metri, delimitata da una cornice di sassi. Nel 1983 questo cerchio fu studiato e venne scoperta una fondazione larga 2 metri formata da pietre disposte secondo un certo schema. Ad est si eleva un terrapieno formato dalla terra asportata alla cima. I fianchi del colle sono cosparsi di macchie d’alberi a basso fusto, un tempo sfruttati a pascolo.
La storia:
Diversi ritrovamenti archeologici hanno fatto supporre che il colle fosse abitato già dai secoli XI-X a.C.; sulla cima vi sarebbe stata una fortezza difensiva, mentre nei dintorni si avrebbero avuto numerose capanne formanti un villaggio abitato da un popolo dedito all’allevamento, alla caccia, alla pastorizia e all’agricoltura. I popoli del castellir erano gente bellicosa in lotta con i Veneti e i Paleoveneti dei quali assimilarono la cultura e copiarono l’organizzazione sociale. Certo è che i Romani vi costruirono un “castellarium”, struttura a scopo difensivo in muratura.
Note:
Nel 1983 nel colle furono rinvenuti, nel corso di alcuni scavi, diversi reperti archeologici, quali ossa, denti e artigli d’animali, resti di oggetti in terracotta risalenti ai secoli XI-X a.C., strumenti in pietra, lame in bronzo e in rame e un bottone in rame (III-II a.C.).
Chiesa di San Pietro di Campagna
Periodo:
cimitero fu creato nel XVI° secolo.
Descrizione:
La chiesa aveva orientamento est-ovest, era lunga 13 metri e larga 10 metri e presentava un’unica sala divisa in tre navate da due serie di pilastri a sezione quadrata. La navata centrale si presentava più alta e misurava 4 metri, mentre le due laterali, a spiovente, erano larghe circa due metri e mezzo e avevano funzione di contrafforte. L’ambiente interno veniva illuminato dalle finestre della facciata, sormontate da cornice in pietra di Fregona, e da alcune finestre più piccole poste alla sommità della navata centrale. La chiesa presentava un piccolo coro asimmetrico, separato dalla navata principale dal classico arco trionfale. Vi erano tre altari; il maggiore era dedicato a San Pietro e Paolo, gli altri erano consacrati, l’uno, quello di destra, a San Girolamo e San Francesco, l’altro, il sinistro, a San Pancrazio e San Floriano. Nella chiesa erano conservate due pale d’altare: una di Francesco Brunetta di Caneva e una decorata da Francesco Da Re di Fregona. Ad arricchire la chiesa provvedeva anche una statua lignea del Cristo. La facciata era lineare, abbellita solo da una cornice in pietra bianca e aperta da un semplice portone. Vi era una seconda porta d’accesso, più piccola, situata nel lato sud dell’edificio e una piccola sagrestia a base quadrata, sormontata dalla torre campanaria, presso la quale fu costruita una casetta al fine di ospitare un eremita. Davanti alla chiesa c’era il cimitero di forma rettangolare, lungo 45 metri e largo 35 metri, circondato da un muro terminante in una cornice di pietra bianca, con due accessi.
La storia:
Non si sa quando fu eretta la chiesa; da documenti antichi si è scoperto che già nel Settecento essa era definita antichissima. Il cimitero, invece, fu costruito nel 1599, grazie alla donazione del terreno circostante la chiesa da Antonio de Mesco. La chiesa subì forti danni in seguito al terremoto del 1873; tali danni erano così gravi che, l’11 novembre 1888, il vescovo Sigismondo Brandolini Rota decretò la completa demolizione della chiesa.
Note:
Nella chiesa di San Pietro veniva celebrata messa il 12 maggio, in occasione di San Pancrazio, il 29 giugno, per San Pietro e il 22 febbraio, per la festa della Cattedra di San Pietro.
Villa Rota - Brandolini D'Adda
Periodo:
XVII° secolo
Descrizione:
La villa e il grande parco sono situati nel cuore del paese, conferendogli un aspetto di nobiltà settecentesca. Il corpo centrale della costruzione con trifora al piano superiore, sormontato da un timpano, è affiancato da due basse ali che donano alla costruzione un armonioso effetto scenografico. Eretta secondo lo schema consueto delle ville venete di campagna, prospetta su un lungo viale ornato da 48 statue del Sei-Settecento, raffiguranti divinità mitologiche e figure allegoriche, intervallate da essenze secolari. Ai lati dell’area nobile sorgono i fabbricati aziendali, costituiti dalla barchessa e dalle stalle, ora trasformati in azienda vinicola. Le cantine, la latteria, le serre e gli edifici destinati a “mezzà” ed abitazione dell’amministratore, che danno sul fiume e sulla piazza centrale del paese, testimoniano l’importanza che il complesso aziendale costituiva fino agli anni cinquanta per il territorio. Vi si accede da tre ingressi: il principale a Sud di Via Roma, di pregevole fattura architettonica con cancellata in ferro battuto sormontata dallo stemma del casato e sostenuta da due serie pari di colonne a base romboidale, e da due secondari di cui uno dal lato Ovest, in prossimità del ponte sul fiume Meschio e uno ad Est da Via della Vigna.
La storia:
Venne eretta probabilmente nella seconda metà del Seicento dal nobile Gregorio Rota la cui famiglia di origine bergamasca giunse a San Cassiano (ora Cordignano) nella seconda metà del Quattrocento, proveniente da Sacile. L’unica erede di questi, Maria Rota sposò il conte Gerolamo Brandolini di Cison, trasmettendo per ragioni testamentarie agli eredi il doppio cognome Brandolini-Rota, modificato poi nel 1868, in seguito al matrimonio del conte Annibale con Leopoldina D’Adda, milanese, in Brandolini-D’Adda. Con la morte dell’ultima erede contessa Margherita, si estinse la linea di Cordignano (1873-1952), cui subentrò il nipote Guido del ramo di Vistorta (Sacile) e, infine, la figlia di quest’ultimo, Violante, che nel 1968 cedette la villa e le dipendenze agli attuali proprietari Pavan-Zanussi.
Pieve di Cassiano sul Meschio
Periodo:
VI°-VIII° secolo
Descrizione:
La chiesa è intitolata a San Cassiano martire, patrono degli stenografi il cui culto è molto antico, e a S. Maria Assunta. Per la sua attività di insegnante, San Cassiano viene solitamente raffigurato con il libro aperto, e così lo vediamo anche sopra l’altare maggiore e nel vecchio sigillo della chiesa, caratterizzato da un pastorale e da un ramo di palma incrociati, simbolo del potere vescovile e del martirio. La facciata della chiesa risale al 1658 e fu costruita alla maniera di Palladio scegliendo come materiale la pietra di Sarone. L’edificio accoglie due cappelle, poste lateralmente, dedicate l’una, quella sinistra, alla Madonna del Carmine, l’altra, quella destra, a San Pietro; esse furono erette rispettivamente nel 1646 e nel 1678. Prima della costruzione di tali cappelle la chiesa si presentava come una grande aula dipinta a calce con il pavimento in cemento e il tetto a travi scoperte. Oggi il soffitto è a volta. L’antica Pieve, oggi inesistente, era posta presso il palazzo del tribunale, con orientamento est-ovest e l’abbazia rivolta verso l’attuale canonica. Sono tuttora ignote le dimensioni e l’architettura di quella chiesa, l’unica cosa certa è che presentava sette altari; l’altare maggiore era dedicato al Santissimo, mentre i laterali, disposti tre per lato, erano consacrati alla Madonna, a San Giovanni Battista, a San Macario, a San Corrado, a San Martino e a San Giuseppe. Inizialmente accanto alla chiesa attuale vi era, in posizione sopraelevata, il cimitero cinto da mura e accessibile da tre parti; dietro l’edificio c’era, fino al 1936, un campanile di circa 55 metri dello stesso materiale della chiesa, con finestre a bifora e cuspide in rame che poggiava sul tiburio ottagonale. All’interno della chiesa sono poste le tombe delle famiglie nobili del tempo e pregevoli opere e dipinti di Jacopo Palma il Giovane, Tintoretto, Angelo Lion, Marco Vecellio e Giovanni de Min, Francesco Dacci e Andrea e Giambattista Ghirlanduzzi.
La storia:
La chiesa sorse nei primi secoli del Cristianesimo, probabilmente tra il VI e gli inizi dell’VIII secolo (500-7139). La decisione di costruire una nuova chiesa, che sostituisse quella precedente, pericolante e inadeguata alle esigenze liturgiche, fu presa dal pievano Michele Murazzi, su sollecitazione del patriarca di Aquileia Francesco Barbaro, nel 1607. I lavori iniziarono l’anno successivo e questo episodio viene ricordato da una lapide posta sopra la porta laterale sinistra della chiesa; il testo latino dice: “La devozione degli antenati che i posteri devono imitare eresse questo sontuoso tempio dalle fondamenta. Nell’anno della salvezza 1608”. I lavori durarono vent’anni e la chiesa venne consacrata dal patriarca Francesco Grandenigo il 22 marzo 1635. La chiesa assunse l’aspetto attuale solo nel 1760.
Note:
L’altare della chiesa è posto a est perché lì sorge il sole che, secondo la simbologia cristiana, è simbolo della resurrezione di Cristo, luce del mondo.
Chiesa di San Pancrazio e San Gottardo
Periodo:
XIX° secolo
Descrizione:
Inizialmente, al posto dell’attuale parrocchiale, ne esisteva un’altra di cui non si hanno informazioni. L’attuale chiesa ospita una pala di Silvestro Arnosti di Ceneda, risalente al 1605, che rappresenta la Madonna con Bambino circondata da angeli, San Pancrazio con la palma, simbolo del martirio, in mano e San Gottardo vescovo.
La storia:
La chiesa più antica fu demolita nel 1872 perché pericolante e inadeguata alle funzioni liturgiche. L’attuale parrocchiale fu eretta nel 1872.
Note:
Nella primitiva chiesa si celebravano soltanto dieci messe l’anno.
Castello di Cordignano
Periodo:
X° secolo circa
Descrizione:
Dell’antico castello si possono ammirare solo le torri angolari e la cortina del lato a levante. Il castello presenta la torre del maschio collegata alla torre di nord-ovest da una doppia cortina; l’ingresso e la calata si hanno sul lato sud. La cinta muraria che lo circonda era lunga, in origine, 300 metri. L’edificio occupa una superficie pari a 5200 mq.
La storia:
Il castello fu costruito come fortezza difensiva per contrastare all’invasione ungarica dell’anno 899. Fu scelta questa posizione per erigere un tal complesso perché da essa era possibile dominare l’antica Via Ongaresca che collegava l’Alto Friuli al Trevigiano. In seguito, dal 1139 al 1388, il castello fu la dimora dei Da Camino.
Ponte della Muda e Palazzo del Dazio
Periodo:
XIII° secolo circa
Descrizione:
Era in origine il ponte più importante di Cordignano perché situato lungo la ben nota “Via del Sole” che collegava Portobuffolè a Ceneda e Serravalle. Da esso prende il nome l’omonima frazione. Si presentava con il tipico arco ed era affiancato, e continua ad esserlo, dal Palazzo del Dazio, dove venivano effettuate le operazioni di dogana per le merci e gli animali in transito. Il palazzo è caratterizzato da tre arcate a tutto sesto con capitelli.
La storia:
Il primo documento in cui è apparso questo fiume risale al 18 maggio 1833. Nel corso del Medioevo e nell’Ottocento era uno dei passaggi più frequentati fra il Friuli e il Travisano. Il palazzo del Dazio era usufruito dai gabellieri. Il primo documento in cui esso viene nominato è una lettera del doge di Venezia Francesco Foscari del 10 novembre 1428 in cui egli ordina al podestà di Conegliano Andrea Barbo di restituire ad Antonio da Treviso gli animali sequestrati alla dogana. Il dazio, che costituì una delle maggiori fonti di reddito della podesteria e del feudo di Cordignano, venne soppresso nel 1806 per decreto di Napoleone Bonaparte.
Note:
“La Muda” è il nome della procedura doganale che veniva messa in atto dai gabellieri sulle merci e gli animali in transito.
Oratorio di San Francesco al Piano
Periodo:
XVII° secolo
Descrizione:
L’oratorio, oggi denominato chiesetta Brandolini, è a pianta ottagonale. L’interno, largo 5,5 metri e alto 8 metri, presenta un piccola nicchia in cui è posto l’altare sormontato da una tela con San Francesco in gloria.
La storia:
La costruzione della chiesa fu decisa l’8 agosto 1674 dal patriarca di Aquileja Marco Gradenigo dietro supplica Francesco Rota di San Cassiano.
Oratorio di Santa Croce
Periodo:
XVII° secolo
Descrizione:
L’antico oratorio si presentava ad aula unica, lunga 6 metri e larga 4 metri, terminante in un altare in pietra lavorato ad intarsio. L’antico oratorio è oggi un magazzino.
La storia:
L’oratorio fu costruito nel 1680 per volontà di Giambattista Ciotti. La sua attività durò solo vent’anni, fino agli inizi del Settecento. Fu poi chiuso e sconsacrato.
Chiesa di Santo Stefano
Periodo:
incerte.
Descrizione:
Non ci sono pervenute informazioni né di come appariva la chiesa in origine né di quando essa fu costruita. Con ogni probabilità essa aveva orientamento est-ovest; la chiesa attuale, invece, è orientata in senso nord-sud. Nell’interno ci sono sette altari: dell’Annunciazione, di Sant’Agata, di Santa Maria Maddalena, di San Daniele, di San Cosmo, di San Filippo e di San Felice. Sull’altare maggiore è posta una pala di Francesco da Milano. Le pareti, soprattutto quelle della navata, sono state più volte allungate e ciò ha provocato la rovina di una parte degli affreschi quattrocenteschi e la demolizione dell’antico soffitto a crociera. Sulla destra dell’edificio si innalza lo snello campanile, con zoccolo rastremato e cima merlata, risalente al 1748 e rimaneggiato più volte a causa dei danni apportati dei terremoti.
La storia:
Si sono avuti più interventi di allargamento e abbellimento della chiesa sin dal Quattrocento.
Villa Mocenigo
Periodo:
XVII° secolo.
Descrizione:
Lo splendido palazzo, oggi lasciato in rovina, era anticamente un castello e veniva denominato “il Murazzo”. All’originale costruzione furono apportate diverse aggiunte e modifiche: accanto all’attuale Teatro fu collocata una monumentale loggia in pietra arenaria di Fregona, in stile sansoviniano, con portale centrale e due finestroni ad arco affiancati da colonne bugnate e sormontati da una splendida cornice. Un piano superiore presentava un timpano centrale accompagnato da due finestre laterali basse e lunghe. Una lunga scalinata, che terminava in una biforcazione collegava il palazzo alla strada. Il castello era composto da tre corpi distinti: la loggia, il Palazzo Vecchio, la parte centrale dell’edificio utilizzata come luogo di villeggiatura, e il Belvedere, un’ampia terrazza sorretta da un loggiato porticato e circondata da un muro merlato. Attorno al palazzo c’erano le stalle e un frutteto, in seguito trasformato in parco.
La storia:
Nel Medioevo il castello fu probabilmente abitato dai Da Camino; in seguito vi abitò l’illustre Antonio Altan e nel 1602 fu acquistato dal vescovo di Ceneda Leonardo Mocenigo di San Stae e alla sua morte il Murazzo passò ai figli maschi. Sotto la famiglia dei Mocenigo il palazzo visse il suo periodo di maggior splendore. Il castello andò in degrado dopo terremoto del 1936.
Antico Ponte di Cordignano sul Meschio
Periodo:
XV° secolo circa
Descrizione:
Prima del ponte attuale ve n’era un altro, di origine medievale, in mattoni. La tipica volta ad arco che lo caratterizzava era stata costruita in mattoni sesquipedali, lunghi 45 cm. Il ponte era largo 10 metri e disponeva di una rampa laterale che arrivava al greto del fiume. Il Meschio è l’unico vero fiume che scorre nel comune di Cordignano. Nasce a Sovassa, alle falde del monte Visentin, e successivamente passa per Vittorio Veneto, San Giacomo e San Martino.Dopo essere entrato nel comune di Cordigliano si immette nel Livenza a Schiavoi di Sacile. La sua lunghezza è pari a circa 30 km.
La storia:
Il ponte viene rappresentato per la prima volta in una cartina nel 1669. Fu demolito nel 1929. Fin dai tempi più remoti le acque del Meschio venivano canalizzate consentendo, così, lo sfruttamento agricolo dei terreni del Campardo. Già dal Medioevo molti mulini e magli occupavano, fino a poco tempo fa, le sponde del fiume. Il termine “Meschio” deriva dal latino “Mixtus”, il cui significato è “misto, mescolato”; questo nome fu scelto perché esso rispecchia in pieno la funzione di raccoglitore delle acque dei numerosi torrenti che, defluendo in questo fiume, creano una mescolanza.
Note:
Il ponte veniva soprannominato il “ponte delle besteme”, cioè delle bestemmie, ricordando quelle che i “carioti” erano costretti a dire per incitare i cavalli a superare la rampa del ponte, difficile da percorrere soprattutto per i carri.Il ponte veniva soprannominato il “ponte delle besteme”, cioè delle bestemmie, ricordando quelle che i “carioti” erano costretti a dire per incitare i cavalli a superare la rampa del ponte, difficile da percorrere soprattutto per i carri.Il ponte veniva soprannominato il “ponte delle besteme”, cioè delle bestemmie, ricordando quelle che i “carioti” erano costretti a dire per incitare i cavalli a superare la rampa del ponte, difficile da percorrere soprattutto per i carri.Il ponte veniva soprannominato il “ponte delle besteme”, cioè delle bestemmie, ricordando quelle che i “carioti” erano costretti a dire per incitare i cavalli a superare la rampa del ponte, difficile da percorrere soprattutto per i carri.Il ponte veniva soprannominato il “ponte delle besteme”, cioè delle bestemmie, ricordando quelle che i “carioti” erano costretti a dire per incitare i cavalli a superare la rampa del ponte, difficile da percorrere soprattutto per i carri.Il ponte veniva soprannominato il “ponte delle besteme”, cioè delle bestemmie, ricordando quelle che i “carioti” erano costretti a dire per incitare i cavalli a superare la rampa del ponte, difficile da percorrere soprattutto per i carri.Il ponte veniva soprannominato il “ponte delle besteme”, cioè delle bestemmie, ricordando quelle che i “carioti” erano costretti a dire per incitare i cavalli a superare la rampa del ponte, difficile da percorrere soprattutto per i carri.